Il viaggiatore ridicolo, Venezia, Zatta, 1794

Vignetta Manca la princeps
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 LIVIETTA e GIACINTO
 
 Giacinto
 Venite qui, ragazza,
 se cercanci i padroni,
 ci troveranno poi.
440Facciam conversazione fra di noi.
 Livietta
 Oh che sono pur sazia
 di servire una donna stravagante
 che ha nel corpo uno spirito ambulante!
 Giacinto
 Anch’io, per dir il vero,
445stanco son d’impazzire e giorno e notte
 con codesto novello don Chisciotte.
 Livietta
 Questa vedova al certo
 mi vuole disperare...
 Basta, basta, non voglio mormorare.
 Giacinto
450Fate bene, vi lodo.
 Anch’io servo un padron ch’è un animale;
 ma vuo’ tacere e non ne vuo’ dir male.
 Livietta
 Se io fossi una di quelle...
 Oh vi assicuro ne direi di belle.
 Giacinto
455Anch’io mi sfogherei, che ne ho ragione,
 ma non vuo’ mormorar del mio padrone.
 Livietta
 Mormorar dei padroni,
 sì, fa brutto sentire
 ma qualche cosa si potrebbe dire.
 Giacinto
460Certo, fin che si dica
 ch’egli fa il generoso
 e non paga il salario al servitore
 e fa strillare i creditori suoi,
 è cosa che si può dir fra di noi.
 Livietta
465Per esempio, s’io dico
 della padrona mia
 che una civetta come lei non c’è,
 questo lo posso dir fra voi e me.
 Giacinto
 Il mio padron vecchiaccio
470sempre qualche bellezza ha che l’incanta,
 fa il grazioso con tutte e son settanta.
 Livietta
 La cara mia padrona
 volubile, incostante,
 ogni tre o quattro dì cambia un amante.
 Giacinto
475E il mio... Ma la prudenza
 tutto non vuol ch’io dica.
 Livietta
 Anch’io del mormorar sono inimica.
 Giacinto
 Non ho veduto al mondo
 pazzo maggior di lui...
 Livietta
                                           Non ha la terra
480pazza maggior di questa.
 Giacinto
 Ma sono un galantuom.
 Livietta
                                             Son figlia onesta.
 Giacinto
 Facciam così, Livietta.
 Lasciam codesti pazzi
 e pensiamo a trovar miglior fortuna.
 Livietta
485Per me non ho difficoltade alcuna.
 Perché la mia padrona
 più cortese mi sia, fingo di amarla
 ma son pronta, prontissima a piantarla.
 Giacinto
 Il mio padron si crede,
490per amore di lui, ch’io vada matto
 ma s’ei crepa, mi vesto di scarlatto.
 Livietta
 Come non si sapesse
 che in noi viene l’amor dall’interesse.
 Giacinto
 Livietta, a quel ch’io vedo,
495noi pensiamo egualmente,
 staremmo in fra di noi perfettamente.
 Livietta
 Così pare anche a me.
 Giacinto
                                           La bella cosa
 ch’io vi fossi marito e voi mia sposa!
 Livietta
 Chi sa? Dar si potria.
 Giacinto
500Consigliatevi ben, Livietta mia.
 
    Io sono un uomo docile
 che tollerar saprà.
 
 Livietta
 
    Io non sarò difficile
 con chi mi sposerà.
 
 Giacinto
 
505   Sarò un marito amabile.
 
 Livietta
 
 Sarò una moglie tenera.
 
 a due
 
 Carissima, dolcissima
 la cosa riuscirà.
 
 Livietta
 
    Facciamo i patti chiari,
510a modo mio vuo’ far.
 
 Giacinto
 
    Non voglio far lunari,
 non voglio sospettar.
 
 Livietta
 
    Oh che gentil marito!
 
 Giacinto
 
 Oh che gentil consorte!
 
 a due
 
515Per me più bella sorte,
 no, non potrei sperar. (Partono)
 
 SCENA II
 
 Camera dell’appartamento del cavaliere.
 
 Il CAVALIERE, il CONTE e donna EMILIA
 
 Cavaliere
 No, conte mio, non dite
 ch’io sia del ver nemico;
 proverò quel ch’io dico.
520Voi siete uom letterato
 ma qualcosa di più sa chi ha viaggiato.
 Conte
 Per la moral, signore,
 vi sono i libri apposta;
 né s’impara così di posta in posta.
 donna Emilia
525Si può saper l’origine
 della contesa vostra?
 Cavaliere
                                        È un’ora e più
 che contendiam per una cosa istessa.
 Conte
 È una contesa tal che v’interessa. (A donna Emilia)
 Cavaliere
 Vi è fra noi discrepanza
530sull’interpretazion della costanza.
 Conte
 Sostengo ch’ella sia
 una virtù dell’animo
 salda, perseverante.
 Cavaliere
 Questa perseveranza è da pedante.
535E si prova, con facili argomenti,
 la costanza soggetta ai cambiamenti.
 Conte
 Falsissimo argomento
 che con ragion vi taccia
 di mancator di donna Emilia in faccia.
 
540   Alma forte, cor costante,
 salda fede e grato amor
 son le leggi dell’onor
 e il dover dell’onestà.
 
    No, non merta quel sembiante
545tal insulto, tal disprezzo.
 Lo può far chi non è avvezzo
 a serbar la fedeltà.
 
 SCENA III
 
 Donna EMILIA ed il CAVALIERE, poi la CONTESSA con un servitore
 
 Cavaliere
 Questo scolar di Seneca,
 se si mette a viaggiar, corre pericolo
550di farsi reputare un uom ridicolo.
 donna Emilia
 Che si dirà di voi
 che ridicol vi fate or fra di noi?
 Cavaliere
 Dalla mia cara Emilia
 posso tutto soffrir. Sì, mio tesoro,
555son costante, vi adoro,
 l’amor mio, la mia fede io vi protesto.
 donna Emilia
 Qual novità? Qual entusiasmo è questo?
 Che volubile siete
 anche da ciò si vede.
 Cavaliere
560Eccomi al vostro piede. (S’inginocchia)
 Pietà, bell’idol mio. (Le bacia la mano)
 donna Emilia
                                       Gente si appressa. (Viene la contessa)
 Cavaliere
 Servitore divoto alla contessa. (Si alza impetuosamente e corre a baciarle la mano)
 Contessa
 Grazie, signor, vi rendo.
 donna Emilia
 (Il suo labbro, il suo cor più non intendo). (Da sé)
 Contessa
565La marchesa vorrebbe
 venir, se è a lei permesso.
 Cavaliere
 Venga pure, è padrona.
 Con dama viaggiatrice
 parmi d’esser più lieto e più felice.
 Contessa
570Venga pur la marchesa. (Ad un servitore)
 donna Emilia
                                               Cavaliere,
 vi prendete di me ridevol gioco?
 Cavaliere
 Son per voi tutto foco.
 
 SCENA IV
 
 La MARCHESA e detti
 
 Marchesa
 Compatite, di grazia,
 sola non posso star.
 Cavaliere
                                      Con la ragione
575di lasciar le persone in libertà,
 si usa da noi sì fatto complimento.
 Ah! Che dite? In Olanda
 sola non lascierebbonvi un momento.
 Contessa
 Ma, signor, non sprezzate
580così il vostro paese.
 donna Emilia
 Una simil viltà da chi s’intese?
 Cavaliere
 Già che venute siete
 a favorir la stanza
 destinata per me,
585voglio fare un regalo a tutte tre.
 donna Emilia
 (Vuo’ soffrir finch’io posso). (Da sé)
 Contessa
 (Mi pare un pazzarello). (Da sé)
 Marchesa
 (Cavaliere gentil, grazioso e bello!) (Da sé)
 Cavaliere
 Ecco, mi si conceda
590che la padrona alle altre due preceda.
 Eccovi, donna Emilia,
 una cuffia francese.
 Madama la marchesa
 uno stucchietto d’Inghilterra accetti;
595madama la contessa
 degnisi di aggradir questi fioretti.
 Contessa
 Si vede ben che siete
 nella galanteria
 perfettamente istrutto.
 Cavaliere
600Ho delle dame da servir per tutto.
 Compro, mando, spedisco
 le mie corrispondenze,
 coltivo ogni ordinario
 e i nomi registrati ho nel mio diario. (Caccia di tasca un libro di memorie)
 
605   A Lion la contessa la Cra,
 a Paris la marchesa la Gru,
 a Madrid la duchessa del Boss,
 Inghilterra miledi la Stoss;
 in Germania ho le mie baronesse,
610in Moscovia le mie principesse
 e conosco le femmine ancor
 del serraglio del turco signor.
 
    Vuo’ scriver nel diario
 madama la marchesa,
615madama la contessa
 e voi, mia principessa, (Ad Emilia)
 regina del mio cor. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Le tre suddette
 
 donna Emilia
 Non ho più tolleranza;
 parmi troppa baldanza
620vantarsi in faccia mia.
 Vi domando perdon, deggio andar via.
 
    Sento che fremo e peno,
 sento mancarmi in seno
 fra tanti affanni il cor.
 
625   Barbaro, traditor,
 dici d’amarmi e poi...
 Chiedo ragione a voi... (Alla marchesa e alla contessa)
 Ah che parlar non so. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 La MARCHESA e la CONTESSA
 
 Contessa
 L’intendete, marchesa?
 Marchesa
                                              Io non so niente.
 Contessa
630La misera è furente,
 sol per cagion d’amore.
 È il cavalier che le martella il cuore.
 Marchesa
 Amica, gelosia
 non so che cosa sia.
635Ho sempre amato in pace.
 Lascio fare e fo anch’io quel che mi piace.
 Contessa
 Brava! Quest’è il costume
 che piace ancor a me.
 S’ha da penar? Da sospirar? Perché?
 
640   Se al mondo fossevi
 un uomo solo,
 con qualche duolo,
 vorrei temer.
 
    Ma sono tanti
645codesti amanti
 che a quei che mancano
 gli altri succedono
 e ognor si vedono
 per noi languir.
 
650   Non voglio piangere
 per quei che vanno,
 già quei che vengono
 mi pon bastar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 La MARCHESA, poi don FABRIZIO
 
 Marchesa
 Anch’io così diceva,
655pria che andasse lo sposo all’altro mondo,
 ma trovato finor non ho il secondo.
 Ecco il padron di casa.
 Povero galantuomo!
 Si vede ch’è inclinato a favorirmi.
660Vuo’ mostrar d’aggradirlo e divertirmi.
 don Fabrizio
 Posso venir?
 Marchesa
                          Padrone.
 don Fabrizio
                                             In queste stanze
 trova forse migliore appartamento.
 Marchesa
 Sola star nel mio quarto io non mi sento.
 don Fabrizio
 Se potessi sperare...
665Se non sdegnasse la persona mia...
 a servirla verrei di compagnia.
 Marchesa
 Anzi mi farà grazia
 il signor don Fabrizio.
 Favorisca. (Siede ed accenna ch’ei si ponga a sedere)
 don Fabrizio
                       Tenuto io mi professo
670alla sua gentilezza.
 Marchesa
                                     Un po’ più appresso.
 don Fabrizio
 Obbedisco, signora. (Si accosta un poco)
 Marchesa
 Perché sì da lontan? Si accosti ancora.
 don Fabrizio
 Eccomi da vicino. (Si accosta di più)
 Marchesa
                                    Alfin son vedova
 e posso con un uom di questa età
675prendermi un poco più di libertà.
 don Fabrizio
 Sono vedovo anch’io.
 Marchesa
                                         Ma! Che ne dite?
 Non è un dolor che ogni dolore avvanza,
 perdere i nostri giorni in vedovanza?
 don Fabrizio
 Ella è ancor giovinetta,
680io sono un po’ avvanzato.
 Marchesa
 Siete ancora in istato
 d’aver dieci figliuoli
 e una sposa trovar che vi consoli.
 don Fabrizio
 Eppur se la trovassi...
685che a me piacesse e ch’io piacessi a lei...
 quasi quasi, davver, la prenderei.
 Marchesa
 Son due anni ch’io giro
 di un nuovo sposo in traccia;
 né trovo un uom che più di voi mi piaccia.
 don Fabrizio
690Ora poi mi burlate.
 Marchesa
                                      No, davvero;
 io vi parlo così con cuor sincero.
 don Fabrizio
 Che vi par di vedere
 di buono in me?
 Marchesa
                                 Vi trovo
 della galanteria.
 don Fabrizio
                                Così e così.
 Marchesa
695Voi avete un bel cor.
 don Fabrizio
                                        Questo poi sì.
 Marchesa
 Parete un gelsomin.
 don Fabrizio
                                       Son ben tenuto.
 Marchesa
 E sano ancor!
 don Fabrizio
                            Con il celeste aiuto.
 Marchesa
 Veramente si danno
 delle costellazioni,
700delle combinazioni,
 dei colpi inaspettati,
 degl’incontri felici e fortunati.
 don Fabrizio
 Tutto questo, marchesa,
 cosa vuol dir?
 Marchesa
                            Vuol dire
705che prima di morire
 non si sa il suo destino
 e che il cuore talvolta è un indovino.
 don Fabrizio
 Non vi capisco ancor.
 Marchesa
                                         Dirò più chiaro,
 son due anni ch’io son senza marito.
710Non mi capite ancor?
 don Fabrizio
                                          Sì, vi ho capito. (Consolandosi)
 Marchesa
 (Il povero baggiano
 quando crede capir va più lontano). (Da sé)
 don Fabrizio
 Dalla costellazione
 vien la combinazione
715del caso inaspettato
 che mi rende felice e fortunato.
 Marchesa
 Bravo, bravo davvero.
 don Fabrizio
 Via, spiegatevi.
 Marchesa
                               Oimè! (Si alzano)
 Un certo non so che
720mi batte in sen.
 don Fabrizio
                                Batter mi sento anch’io.
 Marchesa
 Non vi dico di più. Per ora addio. (Va per partire, poi si ferma)
 
    Ehi, signor, una parola.
 (Poverin, mi fa pietà). (Da sé)
 Mi sapreste dir cos’è
725quel che in seno il cor mi fa?
 
    Quando siete a me vicino,
 pare appunto un martellino
 che dei colpi ognior mi dà.
 
    Ehi sentite, come va.
730Ticche, tocche, tatatà.
 (Me la godo, me la rido
 della sua semplicità). (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Don FABRIZIO solo
 
 don Fabrizio
 Sono appunto restato,
 come sarebbe a dir, mezzo insensato.
735Il martellin nel core
 ticche, tocche le fa?
 S’ella dice davver, forse... chi sa?
 Il desiderio mio
 è una sposa trovar di buonumore
740che per me senta il martellin d’amore.
 Ma pian, Fabrizio, piano,
 pria che il ferro si scaldi a sì gran foco,
 fra noi pensiamo e discoriamo un poco.
 
    Quanti son gli anni che hai sulle spalle?
745Sono settanta, se non di più.
 Hai più lo spirito di gioventù?
 
    Credo di no, sento ch’io vo
 di male in peggio sempre così.
 La robustezza cala ogni dì.
 
750   Le gambe tremano, le forze mancano,
 povero vecchio, cosa vuoi far?
 Sono ancor vivo, voglio sperar. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Sala con tavola e credenziere pel pranzo.
 
 GIACINTO, LIVIETTA e altri servitori
 
 Giacinto
 La tavola avanzate, (Ai servitori)
 in tavola portate.
755Sian pronti i candelieri,
 in questa stanza oscura
 ha il padron per costume
 anche di mezzodì pranzar col lume. (I servitori portano innanzi la tavola e le sedie e si prepara il pranzo)
 Livietta
 Frattanto che siam soli,
760parliam del nostro amore.
 Giacinto
                                                  Sì, Livietta;
 anzi un pensier mi viene
 per spiegarvi davver se vi vuo’ bene.
 Sento nel cor...
 
 SCENA X
 
 Il CAVALIERE e i suddetti, poi la MARCHESA
 
 Cavaliere
                              Giacinto,
 il pranso è preparato?
 Giacinto
765Sì signore, è già lesto.
 Un’altra volta poi ti dirò il resto. (A Livietta)
 Cavaliere
 Eh venite, marchesa, (Verso la scena)
 lasciam che fra di loro
 facciano i complimenti.
770Questo perpetuo seccamento usato
 non lo posso soffrir da che ho viaggiato.
 Marchesa
 Anch’io ne son nemica.
 Cavaliere
                                             Don Fabrizio
 non la finisce mai:
 «Vada lei, passi lei, lei, mio signore...»
775Don Fabrizio è un buon uom ma è un seccatore.
 Marchesa
 Via, lasciatelo stare,
 egli è il mio cavalier.
 Cavaliere
                                         Quanto ne godo
 che scoperto mi abbiate il di lui foco!
 Ciò servirà per divertirci un poco.
 Marchesa
780Eccolo.
 
 SCENA XI
 
 Don FABRIZIO, il CONTE, la CONTESSA, donna EMILIA ed i suddetti
 
 don Fabrizio
                Siamo qui. Sedan, padroni.
 Seda lei. (Alla contessa)
 Contessa
                    Prima lei. (A don Fabrizio)
 don Fabrizio
                                         Oh mi perdoni.
 Cavaliere
 Qua, signora contessa,
 qua il signor don Fabrizio, a lei vicino.
 Di qua il signor contino.
785Qui donna Emilia e la marchesa qui.
 Ed io presso di lei, va ben così?
 don Fabrizio
 Non mi par. La marchesa
 dovrebbe un po’ più in qua...
 Cavaliere
                                                       No no, ho imparato
 le tavole a dispor da che ho viaggiato.
 don Fabrizio
790Via dunque, presentate
 la zuppa a queste dame.
 Cavaliere
                                               Piano un poco,
 vuo’ che si metta in pratica
 una nuova invenzion ch’è tutta mia
 per mettere gli spirti in allegria...
795Animo, una bottiglia, (Ai servitori)
 a tutti il suo bicchiere.
 Principiamo dal bere.
 Questo mio ritrovato
 ebbe in Londra fortuna e fu lodato. (I servitori danno a tutti da bere)
 don Fabrizio
800Affé non mi dispiace.
 Cavaliere
                                          E perché sia
 più bella l’allegria,
 prima ancor di mangiare,
 col bicchiero alla man si ha da cantare.
 Ecco due stroffe sole (Dispensa alcune carte di musica)
805con musica e parole.
 Cantin meco le dame,
 almeno una di loro,
 poi gli altri tutti canteranno il coro.
 Cavaliere, Marchesa a due
 
    Che dolce licore,
810che amabile frutto,
 beviamolo tutto,
 che buono sarà.
 
    Che venga il piacere,
 che fuggasi il lutto,
815beviamolo tutto,
 che bene ci fa.
 
 tutti
 
    Beviamolo tutto,
 che buono sarà.
 Beviamolo tutto,
820che bene ci fa.
 
 Cavaliere, Marchesa a due
 
    Di Bacco il licore
 fa lieti e felici;
 beviamolo, amici,
 che gusto ci dà.
 
825   Dal nume del vino
 prendiamo gli auspici;
 beviamolo, amici,
 che meglio si sta.
 
 tutti
 
    Beviamolo, amici,
830che gusto ci dà;
 beviamolo, amici,
 che meglio si sta.
 
 Cavaliere
 Si è cantato e bevuto; son contento,
 or divido la zuppa e la presento. (Dà la zuppa)
 Giacinto
835(Questo caro signor fa da padrone). (A Livietta)
 Livietta
 (E il padrone di casa è un bel minchione).
 Cavaliere
 Oh che cattiva zuppa! (Assaggiandola)
 Marchesa
 Parmi di buon sapore.
 Cavaliere
 Non ho mangiato mai zuppa peggiore.
 Conte
840Chi sente voi, signore,
 tutto vi par cattivo.
 Cavaliere
 Due anni or son che nel gran mondo io vivo.
 Che piatto è questo? Permettete, oibò. (Assaggiandolo)
 Dolce, grasso, malfatto.
 donna Emilia
845Se qui tutto vi spiace,
 vi consiglio di andarvene a drittura.
 Conte
 Non ho inteso maggior caricatura.
 Cavaliere
 Per dir la verità, dacché ho viaggiato
 ho il gusto delicato.
850Se voglia di mangiare or non mi sento,
 farò qualcosa per divertimento.
 Mi ricordo in Olanda ad una tavola,
 in cui vi erano donne,
 brutte come demoni,
855mi divertivo a far de’ matrimoni.
 Qui pur vuo’ far lo stesso,
 per ischerzo così, per allegria,
 tutta vuo’ maritar la compagnia.
 Donna Emilia col conte,
860con la contessa don Fabrizio ed io
 con la marchesa e poi
 servitor, cameriera ancora voi. (A Giacinto e Livietta)
 donna Emilia
 Questa è una impertinenza (S’alza)
 che soffrir non si può.
865So quel che deggio far, risolverò. (Parte)
 Cavaliere
 Oh si sdegna per poco!
 Conte
 Con dame non convien prendersi gioco. (S’alza)
 Parlaste mal, signore,
 e ve lo sosterrò, son cavaliero.
870(Da incontro tal la mia fortuna io spero). (Parte)
 Cavaliere
 Gente che non uscì dal suo paese
 non distingue gli scherzi dalle offese.
 Contessa
 Eh sono i scherzi vostri (S’alza)
 un po’ troppo avvanzati.
 Cavaliere
875Io soglio rispettar le donne tutte.
 Contessa
 Andate a maritar le donne brutte. (Parte)
 Marchesa
 Capite or la ragion perché è sdegnosa?
 Cavaliere
 Peggio d’una tedesca è pontigliosa.
 don Fabrizio
 Cavalier, non vorrei
880foste venuto qui
 a inquietarmi così la compagnia.
 Cavaliere
 Tutto si aggiusterà, la cura è mia.
 Giacinto
 Signore, in quanto a noi,
 non ce ne abbiamo a mal per niente affatto.
 Livietta
885Per me son pronta.
 Cavaliere
                                      Ed il negozio è fatto.
 Povero don Fabrizio,
 mi dispiace che sol restato sia.
 don Fabrizio
 Vi è la marchesa.
 Cavaliere
                                  Eh la marchesa è mia.
 don Fabrizio
 Come! Non siete voi
890destinato a mia figlia?
 Cavaliere
                                            Sì, è verissimo.
 Don Fabrizio carissimo,
 lasciatemi ch’io possa
 questa dama servir per questo giorno
 e poi domani a donna Emilia io torno.
 don Fabrizio
895Signor no, non conviene, io vi rispondo.
 Cavaliere
 Voi non sapete ancor cosa sia mondo.
 
    Domandate alla cara marchesa
 che ha viaggiato e che l’uso lo sa,
 non è insulto, non chiamasi offesa
900il servir che la donna si fa.
 
 Marchesa
 
    Favorire mi può don Fabrizio,
 favorire mi può il cavalier.
 Una donna che sia di giudizio
 l’uno e l’altro gradire saprà.
 
 don Fabrizio
 
905   Questa cosa per or non mi piace.
 
 Giacinto, Livietta a due
 
 Sì signore, con sua buona pace
 quest’è l’uso che in tutti vedrà.
 
 Marchesa, Cavaliere, Giacinto, Livietta a quattro
 
    Tutto il mondo l’approva e lo vede
 e la donna servir si concede
910con rispetto e con bella onestà.
 
 don Fabrizio
 
 Quest’usanza piacer non mi dà.
 
 Cavaliere
 
    Don Fabrizio, perdonate,
 confidate il vostro cor.
 Vi ha colpito, vi ha ferito
915per la dama il dio d’amor? (Piano a don Fabrizio)
 
 don Fabrizio
 
    Non mi celo, ve lo svelo,
 io mi sento un fiero ardor.
 
 Cavaliere
 
    Attendete, voi vedrete
 se vi son buon servitor. (A don Fabrizio)
 
 Giacinto, Livetta a due
 
920   Poverello, il vecchiarello!
 Gli si vede il pizzicor.
 
 Cavaliere
 
    Si è svelato innamorato,
 secondate il pazzo umor. (Alla marchesa piano)
 
 Marchesa
 
    Lo godremo, lo vedremo
925più brillante farsi ognor.
 
 Giacinto, Livietta a due
 
    Poverello, il vecchiarello!
 Gli si vede il pizzicor.
 
 Cavaliere
 
    La marchesa già si è resa
 tutta vostra di buon cor. (Piano a don Fabrizio)
 
 don Fabrizio
 
930   Io mi sento dal contento
 giovinetto farmi ancor.
 
 Cavaliere
 
    Ei lo crede, non si avvede. (Alla marchesa)
 Tutta vostra, già si mostra. (A don Fabrizio)
 
 tutti
 
 Viva viva il dio d’amor.
 
 don Fabrizio
 
935   Marchesina.
 
 Marchesa
 
                             Fabricino.
 
 Giacinto, Livietta a due
 
 Che grazina! Che amorino!
 
 don Fabrizio
 
 Io mi sento...
 
 Marchesa
 
                           Provo anch’io...
 
 don Fabrizio, Marchesa a due
 
 Nel cor mio sì dolce ardor.
 
 tutti
 
 Viva, viva il dio d’amor.
 
 Cavaliere
 
940   Leghi amor i cuor sinceri
 e di Bacco coi bicchieri
 l’allegria si accresca ognor. (Si porta un bicchiero di vino per ciascheduno)
 
 tutti
 
    Viva Cupido,
 caro bambino,
945viva il buon vino,
 dolce licor.
 
 don Fabrizio
 
    Cara sposina!
 
 Marchesa
 
 Caro sposino!
 
 Livietta, Giacinto, Cavaliere a tre
 
 Bell’amorino,
950tenero cor.
 
 tutti
 
    Viva Cupido,
 caro bambino,
 viva il buon vino,
 dolce licor.
 
 Fine dell’atto secondo